Salve lettori, in questo primo lunedì di maggio sono qui per parlarvi di un romanzo la cui trama mi ha incuriosita portandomi un po’ fuori dalla mia confort zone. Mi riferisco a “L’isola dei senza memoria” di Yoko Ogawa (Il Saggiatore).
Su un’isola senza nome e senza tempo si verificano strani e inquietanti fenomeni. Man mano, giorno dopo giorno, qualcosa scompare. Oggetti della quotidianità, animali, ortaggi spariscono senza un apparente motivo e immediatamente gli esseri umani ne perdono la memoria. Solo pochi hanno il privilegio di ricordare ed è verso costoro che si riversa la crudeltà della polizia segreta durante le tante cacce ai ricordi che vengono periodicamente organizzate. Sopravvivere conservando la memoria è difficilissimo. In questo scenario si sviluppano le vite di una scrittrice (della quale non si conosce il nome) e del suo redattore, il signor R, in un costante limbo tra realtà e ricordo, tra paura e desiderio di farcela.
“Il cuore non ha contorni definiti né confini insuperabili. È in grado di accogliere ogni forma e può scendere a qualsiasi profondità. Anche per i ricordi funziona così.”
Tema fondante dell’intero romanzo è il senso della perdita. “Perdere” è un verbo ricco di sfumature, si possono perdere cose insignificanti, idee, pensieri e, purtroppo, anche persone. Nel momento in cui si verifica una perdita, l’essere umano muta, non può restare indifferente, poiché, piccola o grande che sia, questa privazione comporterà un cambiamento tangibile nella sua esistenza. Come reagirebbe, quindi, un’intera popolazione a una perdita che si verifica a intervalli regolari e che coinvolge tutti?
È questo il tessuto della narrazione. L’autrice descrive accuratamente cosa accade quando qualcosa scompare. La gente è sconvolta e rassegnata al tempo stesso, non esita a sbarazzarsi di ciò che ha perso e a ritrovare nuovi equilibri privandosi, inevitabilmente, di una parte di sé, della propria memoria. Cosa si prova, dunque, nel momento in cui si perde la memoria? E cos’è la memoria? Si può sopravvivere senza di essa? Sono questi gli interrogativi ai quali l’autrice cerca di dare risposta man mano che la narrazione e le vite dei personaggi procedono.
Dei due principali protagonisti non si sa molto. Della donna, una scrittrice, si conosce solo qualche dettaglio legato al suo passato e se ne intuisce il forte altruismo, dell’uomo, invece, emerge solo un importante particolare: riesce a conservare il ricordo di ciò che scompare e, per questo, è costretto a nascondersi dalla polizia segreta. Personalmente ho paragonato i due a delle statue di cristallo, fragili ma fredde. Non sono riuscita a creare un legame né a provare empatia nei loro confronti.
La narrazione procede in maniera abbastanza spedita con una prosa secca, asciutta, ricca di frasi a effetto. Purtroppo molto rimane in sospeso, alcuni interrogativi che il lettore si è posto a inizio lettura non trovano risposta nel finale e questo, a mio parere, lascia un senso di amaro in bocca.
Un romanzo indubbiamente originale e “coraggioso”. Una lettura che consegna al lettore al tempo stesso un forte senso di inquietudine e un insegnamento: apprezzare tutto quello che si ha nel momento in cui lo si ha.
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Grazie per la lettura, alla prossima 🙂