Salve lettori, oggi 27 gennaio, ricorre la Giornata della Memoria. Ho pensato, pertanto, di proporvi una recensione a tema. Ho scelto di parlarvi di “Il secondo piano” di Ritanna Armeni (Ponte alle Grazie). Ringrazio la casa editrice per avermi spedito una copia.

Roma, 1943. La Seconda guerra Mondiale infuria con tutta la sua drammatica potenza. Roma è occupata dalle truppe tedesche che seminano violenza giorno dopo giorno. La persecuzione antisemita porta alla distruzione di interi nuclei familiari e dopo il rastrellamento del Ghetto, in città regna la paura. I pochi ebrei che sono riusciti a fuggire cercano, per quanto possibile, ospitalità. Un convento francescano in periferia, nel quale risiedono sette suore, arriverà ad ospitare ben dodici ebrei, tutti nascosti al secondo piano dell’edificio. La situazione si complica quando, a pianoterra dello stabile, sarà “ospitata” un’infermeria nazista.
“Ha un buon odore la libertà, anche quando si mescola con l’insicurezza, lo stordimento, il timore per il futuro. Non lo perde neppure quando si combina con paure che non riescono ad andare via.”
I giorni di guerra sono stati bui per tutti, ma lo sono stati ancor di più per quanti, senza un valido perché, hanno subito la persecuzione. In questi momenti concitati viene spontaneo chiedersi dove fosse la Chiesa e per quale motivo non si è esposta in prima persona.
Questo romanzo si focalizza proprio sul ruolo della Chiesa, attraverso le gesta compiute dalle tante suore che, nascondendo gli ebrei, hanno rischiato in prima persona.
Le sette suore protagoniste de “Il secondo piano” non hanno un attimo di esitazione. Mettono da parte i propri dubbi e accolgono, pur sapendo quanto questo loro gesto fraterno sia pericoloso. Pagina dopo pagina conosciamo i loro caratteri, i compiti che ogni giorno continuano a svolgere, assistiamo ai loro momenti di debolezza e sconforto. Accanto alle suore ci sono i perseguitati: famiglie con bambini ai quali è fondamentalmente negato giocare e vivere appieno l’infanzia e anziani che hanno dovuto lasciare tutto quello che avevano costruito in una vita intera.
Lo stile della prosa, pur nella sua semplicità, riesce a rendere pienamente gli stati d’animo dei personaggi, soprattutto l’ansia e la tribolazione dovuta al continuo contatto con i nazisti. Accanto alle vicende narrative, raccontate da un narratore onnisciente in terza persona al quale si alternano le pagine di diario scritte dalla superiora e dalla novizia, ci sono alcuni segmenti in corsivo nei quali si narrano gli eventi storici che accadevano per le strade di Roma e nel mondo durante quei giorni. Il ritmo incalzante e sempre serrato contribuisce a rendere scorrevole la lettura e a coinvolgere emotivamente il lettore.
Un romanzo duro, crudo e tristemente reale. Una lettura intensa.
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Grazie per la lettura, alla prossima 🙂